
La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) è una patologia caratterizzata dalla degenerazione dei motoneuroni, cellule nervose localizzate nella corteccia cerebrale, nel tronco encefalico e nel midollo spinale, responsabili del controllo della muscolatura volontaria.
La malattia si manifesta con un’iniziale paralisi a livello degli arti inferiori e superiori che si estende progressivamente a tutta la muscolatura volontaria arrivando a compromettere anche quella respiratoria.
Le funzioni cognitive e sensoriali rimangono invece per lo più inalterate.
Al momento non esistono purtroppo trattamenti in grado di bloccare o risolvere la patologia.
La SLA è definita malattia multifattoriale perché sono molteplici le cause che la determinano. Solamente nel 10% circa dei pazienti la malattia è di tipo familiare, è dovuta cioè ad una mutazione genetica che si tramanda all’interno della stessa famiglia e ad oggi sono state identificate mutazioni in almeno 25 geni diversi.
Data la complessità della malattia, per poterne studiare al meglio i meccanismi patogenetici è importante avere a disposizione dei modelli di studio che consentano di replicare in laboratorio quanto avviene a livello cellulare nei pazienti.
Nel gruppo di ricerca del Prof. Vescovi, il team coordinato dalla Dr.ssa Rosati, ha messo a punto un modello di studio partendo da frammenti di pelle ottenuti da una paziente affetta SLA, in particolare una forma tipica delle regioni del Mediterraneo che presenta una mutazione a livello del gene SOD1 e caratterizzata da una sintomatologia peculiare. La malattia esordisce infatti a livello degli arti inferiori con un’evoluzione piuttosto lenta ed un coinvolgimento delle capacità cognitive.
Dai frammenti di pelle sono stati isolati i fibroblasti, cellule del tessuto connettivo che sono state riprogrammate in laboratorio dando origine a cellule staminali pluripotenti indotte (iPSCs).
Si tratta a tutti gli effetti di cellule staminali che hanno la capacità di differenziare in molte tipologie cellulari differenti comprese quelle del sistema nervoso, quindi anche in neuroni e motoneuroni, le cellule danneggiate nella SLA.
Avere a disposizione cellule staminali originate da pazienti affetti da SLA e poterle utilizzare in laboratorio è molto importante perché permette di comprendere meglio i meccanismi alla base di una malattia terribile e ad oggi ancora troppo poco conosciuta.