“SE SI CREDE FORTEMENTE IN CIO’ CHE SI FA, I RISULTATI PRIMA O POI ARRIVANO”. INTERVISTA AL DR. RASPA

By 8 Febbraio 2022Febbraio 28th, 2022Interviste e Testimonianze

Biologo presso l’Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, da dieci anni è impegnato nel progetto di ricerca sulle lesioni al midollo spinale all’interno del team guidato dal Prof. Angelo Vescovi e dal Dr. Fabrizio Gelain: “Il nostro lavoro è fatto di prove ed errori, ma se si crede fortemente in ciò che si fa, i risultati prima o poi arrivano”.

 

Dott. Raspa, come è iniziato il suo percorso all’interno del team del Prof. Vescovi?

La mia esperienza nel team guidato dal Prof. Angelo Vescovi e dal Dr. Fabrizio Gelain, è iniziata circa 10 anni fa. Prima mi occupavo di comprendere nuovi meccanismi per la cura della malattia di Parkinson. Avendo conseguito un dottorato in farmacologia, mi occupavo nello specifico di studiare nuovi farmaci che aiutassero il recupero motorio. Successivamente, affascinato dalle patologie che studia il team del Prof. Vescovi, in cui sono attualmente, ho intrapreso questo percorso.

Di cosa si occupa nello specifico?

Io personalmente mi occupo di studiare le lesioni al midollo spinale in fase cronica, ovvero quello stadio in cui si ha una formazione di molecole che ostacolano la rigenerazione nervosa, provocando la paralisi motoria dell’individuo. Tramite nuove strategie, che possono essere per esempio l’utilizzo di cellule staminali o l’utilizzo di farmaci, cerchiamo di eliminare queste molecole che definiamo inibitorie, così da consentire la neuro- rigenerazione. Il lavoro sulle lesioni spinali che da diversi anni stiamo portando avanti è lungo e complesso ma la ricerca è come un puzzle che bisogna costruire tassello dopo tassello.

Ci parli delle lesioni spinali…

Le lesioni del midollo spinale rientrano nelle patologie generate da un evento traumatico, ad esempio un incidente stradale, una caduta, un trauma sportivo etc. Il midollo spinale è formato da fibre nervose che trasportano messaggi in entrata e in uscita tra l’encefalo e il resto dell’organismo. Quando siamo in presenza di una lesione vuol dire che vi è una interruzione di questo flusso, ovvero si crea una cavità su cui noi andiamo a lavorare per provare a ricostruire i tessuti compromessi grazie all’utilizzo delle bioprotesi e delle cellule staminali.

Quanto sono importanti le bioprotesi nella vostra ricerca?

Le bioprotesi sono fondamentali. Se consideriamo la zona del midollo in cui vi è il danno e dovessimo usare una metafora per definire le bioprotesi, potremmo definirle come delle arterie autostradali che collegano la parte superiore con la parte inferiore della zona compromessa, che come anticipato prima, si presenta come un “buco” che deve essere colmato. Le bioprotesi sono costituite da peptidi, che hanno la funzione di mimare la matrice cellulare e, attraverso l’ausilio di cellule staminali, permettono una rigenerazione nervosa significativa. Le cellule staminali vengono inoculate all’interno delle bioprotesi. Se le cellule staminali differenziano, ovvero trovano l’ambiente ideale per originare cellule neurali, si verifica un riempimento della zona compromessa e quindi una rigenerazione del tessuto neurale con conseguente recupero motorio.

Che cosa sono le cellule staminali?

Le cellule staminali sono cellule non specializzate che hanno la capacità di dividersi infinite volte e quindi ci permettono non solo di usarle su modelli o su trial clinici come abbiamo visto anche nel caso della SLA e della SM, ma nel nostro caso sono utilizzate anche come test, per verificare la bio-compatibilità e l’efficacia delle bioprotesi stesse.

Per esempio, se le cellule staminali differenziano in neuroni vuol dire che le bioprotesi sono idonee.

Come ci descriverebbe la sua giornata lavorativa?

La mia giornata lavorativa generalmente è costituita da diversi step. La parte che a me piace di più è la parte operativa, ovvero quando testiamo l’efficacia delle bioprotesi e siamo all’interno del laboratorio. All’attività di laboratorio però, si affianca l’attività che potremmo definire d’ufficio, ovvero quella parte del lavoro, molto importante per noi ricercatori, che riguarda lo studio e la pubblicazione di articoli scientifici. Analizziamo, infatti, i dati raccolti in laboratorio e li trasformiamo in dati statistici e grafici che ci consentono di realizzare le nostre pubblicazioni scientifiche. Un’altra attività non meno importante però, riguarda la stesura di progetti di ricerca per l’ottenimento di fondi, importantissimi per poter portare avanti il nostro lavoro.

Che cosa l’ha spinta a intraprende il lavoro di ricercatore?

Tutto nasce sicuramente dalla mia grande curiosità, unita alla passione che ho sempre avuto per la scienza. Inizialmente la scienza in generale, poi con gli anni grazie all’Università mi sono appassionato sempre più all’ambito pato-fisiologico e tutto ciò che riguarda l’anatomia della persona con un maggiore interesse per tutto ciò che è inerente l’ambito neuroscientifico.

Come vede il futuro della ricerca?

Se guardo al futuro della ricerca sono sicuramente ottimista. La scienza sta facendo passi da gigante, basti pensare alla pandemia, da cui stiamo uscendo grazie alla scoperta di un vaccino, realizzato in appena un anno. Io personalmente credo molto nel mio lavoro. Credo però che sia fondamentale farlo sempre con passione perché prima di arrivare a un traguardo significativo che ci consenta di andare in pubblicazione e confrontarci con la comunità scientifica, ci misuriamo spesso con prove ed errori, ma se si crede in quello che si fa, i risultati prima o poi arrivano.