“Scoperte incredibili e strumenti sempre più sofisticati. Sono ottimista sul futuro della ricerca”. Intervista alla Dott.ssa Elisa Maria Turco.

Nel nostro lavoro quotidiano siamo sempre in laboratorio e, al contrario dei clinici, non abbiamo contatti diretti con i pazienti. Solo in un caso ho avuto modo di incontrare le loro famiglie tramite una collaborazione con l’Associazione Smith Magenis Italia. Quell’esperienza è stata determinante perché mi ha permesso di ascoltare le storie dei genitori, conoscere gli effetti della malattia sui pazienti e le conseguenze sui loro parenti. In quel momento mi è parsa ancora più chiara l’importanza del mio lavoro e quello di tutti i ricercatori per dare una speranza a tutte quelle persone che ancora non hanno una curaci confida la Dott.ssa Elisa Maria Turco del team di ricerca del Prof. Angelo Vescovi. L’abbiamo incontrata per sentire la sua esperienza nel mondo della ricerca e le speranze per il futuro.

 

 

Elisa, vuoi raccontarci il percorso di studi che ti ha portato a occuparti di ricerca scientifica?

Ho iniziato i miei studi con la laurea triennale in scienze biologiche presso l’Università Sapienza di Roma. Nell’ambito del corso di studi, nell’approfondire le materie oggetto del piano, mi sono resa conto di avere una vera e propria passione per queste discipline, così, per la laurea magistrale ho deciso di iscrivermi al corso di “Biologia e Tecnologie cellulari”. Lo studio delle cellule mi aveva affascinato già dal liceo: andare a scoprire le cellule al microscopio e riportare sul piano pratico quanto studiato nei libri mi stimola ogni giorno e soddisfa la mia continua curiosità di scoprire sempre più a fondo questi meccanismi.

 

Come sei entrata a far parte del team di ricerca del Prof. Angelo Vescovi?

Dopo essermi laureata mi sono candidata per un dottorato di ricerca in genetica e biologia molecolare. Dopo aver sostenuto le prove previste, la docente che mi seguiva mi ha detto che c’era la possibilità di entrare nel team del Prof. Vescovi presso l’istituto Mendel, precisamente nel gruppo dedicato alle cellule staminali riprogrammate, diretto dalla Dott.ssa Rosati. In quel momento mi è sembrato un segno del destino poiché in passato avevo già contattato la Dott.ssa Rosati ma purtroppo non  vi erano posti disponibili. Quando, dunque, mi si è presentata la possibilità l’ho colta al volo, e con grande entusiasmo.

 

Di che cosa ti occupi precisamente?

All’interno del team, i progetti di cui mi occupo riguardano la malattia Smith Magenis, malattia genetica rara caratterizzata da deficit neurocognitivi; mi occupo dello studio del Copy number variation(CNV) su CHRNA7 recettore dell’acetilcolina, implicata in diverse condizioni neuropsichiatriche, autismo, schizofrenia e altre malattie; seguo anche la Charcot-Marie-Tooth disease una patologia neurologica genetica ereditaria rara, che interessa i nervi periferici.

Il mio focus però è la malattia Smith Magenis, tema anche della mia tesi di Dottorato. A proposito dello studio di questa sindrome, devo aggiungere che nel team siamo particolarmente felici, perché a breve verrà pubblicato un paper proprio con il nostro lavoro.

 

Come si svolge la tua giornata in laboratorio?

La maggior parte del tempo in laboratorio la trascorro sotto cappa per condurre gli esperimenti. Naturalmente però alla fase di sperimentazione poi segue l’analisi dei risultati ottenuti, per fare il punto e per capire come procedere. Le mie due attività preferite sono lavorare sotto cappa e fare le analisi al microscopio. Tra un esperimento e l’altro però cerco sempre di ritagliarmi degli spazi per continuare a studiare, cercare pubblicazioni che possono essere utili per le nostre ricerche e tenermi sempre aggiornata.

 

Se parliamo della ricerca, come vedi il futuro?

Sul futuro della ricerca sono molto ottimista perché si continuano a fare incredibili scoperte e anche gli strumenti a nostra disposizione sono sempre più sofisticati. Inoltre, se penso alla condivisione delle conoscenze tra i team di ricerca, sono sicura che la scienza riuscirà a raggiungere traguardi sempre più ambiziosi. Spero però anche che in futuro possano aumentare i finanziamenti economici affinché tutti i ricercatori possano avere l’opportunità di dedicarsi a questa straordinaria attività.

 

Qual è il tuo sogno professionale?

Il mio sogno professionale è sicuramente di riuscire un giorno a partecipare a una scoperta importate per la cura delle malattie rare di cui mi occupo. Solitamente noi ricercatori siamo sempre in laboratorio, al contrario dei clinici non abbiamo rapporti diretti con i pazienti. Però, tempo fa, con il team della Dott.ssa Rosati abbiamo vinto un progetto e abbiamo collaborato con l’Associazione Smith Magenis Italia, l’Associazione delle famiglie dei pazienti. In quella circostanza ho avuto l’occasione di conoscere le persone più vicine ai pazienti e che con loro vivono la sofferenza della malattia: un incontro importante che mi ha fatto credere ancora di più in quello che faccio. Riuscire a dare una speranza a queste persone è per me un impegno importante che porto avanti con determinazione.