G.V., fratello di una donna di 43 anni affetta da SLA dal 2018
Come avete scoperto la malattia di sua sorella e come avete vissuto il momento della diagnosi?
La malattia si è manifestata qualche tempo prima della diagnosi, avvenuta a gennaio del 2018.
Durante la gravidanza, sono iniziate le prime avvisaglie: un paio di cadute accidentali che nessuno di noi associò a questa devastante malattia. Dopo il parto del suo meraviglioso bimbo nel 2016, mia sorella ha cominciato ad accusare una stanchezza insolita, in particolar modo, la salita delle scale le procurava pesantezza e rigidità alla gamba destra. Inizialmente, tali sintomi furono attribuiti a ipotiroidismo e iperparatiroidismo, precedentemente diagnosticati durante la gravidanza.
Iniziarono anche i dolori a schiena e cervicale, che pensammo potessero essere la conseguenza dell’iniezione lombare durante il parto. Nel 2017, mia sorella continuava a cadere accidentalmente e a manifestare crampi e fascicolazioni. Di lì in poi è stato tutto un susseguirsi di esami (RM, dosaggio CPK, potenziali evocati), fino a ricevere la batosta: c’era l’alta possibilità che avesse la “malattia del motoneurone”, meglio conosciuta come SLA.
Quel “possibile” è stato inizialmente una grande speranza di errore diagnostico, ma purtroppo con l’avanzare della malattia è andata assottigliandosi.
Quando si viene a conoscenza di una diagnosi così devastante, si avverte inizialmente una sorta di distacco dalla realtà, ma subito dopo si cerca di essere quanto più resilienti e ottimisti.
Tuttavia, bisogna affrontare la progressione dei sintomi.
Cosa vuol dire vivere con un familiare affetto da SLA? Da chi e in che cosa siete supportati?
La SLA è, secondo la mia opinione, insieme ad alcune altre malattie neurologiche, la patologia più difficile da gestire, sia dal punto di vista fisico che psicologico.
Oltre al paziente, tutti coloro che forniscono assistenza diretta vengono travolti da questo uragano. Ci sono tantissime problematiche da dover affrontare: comunicazione (che avviene tramite tavola ETRAN o comunicatore oculare), nutrizione, somministrazione di farmaci tramite PEG e anche igiene personale. Attualmente, l’assistenza domiciliare (infermiere, OSS, fisioterapista, logopedista e nutrizionista) ci sta supportando per garantire, per quanto possibile, il meglio per la quotidianità di mia sorella, ma anche per alleggerire il carico dei caregiver, ovvero suo marito (sempre in prima linea), mamma e papà.
L’assistenza rappresenta un punto di riferimento costante nella routine quotidiana di un malato di SLA, considerando che molti parenti e amici tendono a dileguarsi con il passare del tempo.
Come siete entrati in contatto con Revert Onlus e in cosa vi ha sostenuto?
Mi sono imbattuto in Revert Onlus cercando informazioni sul web riguardo potenziali terapie basate sull’utilizzo di cellule staminali per la SLA. Questo argomento è stato precedentemente toccato nelle vicende giudiziarie dei metodi “Stamina” e “Melazzini”, dei quali però ad oggi, non si hanno informazioni circa la sicurezza e l’efficacia.
Approfondendo gli studi preclinici del professor Vescovi sul potenziale delle cellule staminali neuronali nelle malattie neurodegenerative, e alla luce dei risultati della sperimentazione di Fase 1 terminata alcuni anni fa, si è riaccesa in noi tutti una piccola luce.
Da anni, continuiamo a sostenere Revert con donazioni spontanee e il 5Xmille, poiché crediamo fermamente nella bontà e nell’efficacia del suo operato. Coinvolgimento emotivo, umanità e ferma volontà di trovare una cura traspaiono dalla voce della dott.ssa Laura, con la quale sono in costante contatto per ricevere aggiornamenti sull’inizio della fase 2 del trial sulla SLA.
Come state vivendo l’attesa per la Fase 2 della sperimentazione e che cosa vi aspettate?
La Fase 2 rappresenta per tutti noi un filo di speranza, un raggio di luce in fondo ad un tunnel fatto di profondo sconforto, impotenza e continua frustrazione.
La ricerca scientifica e le staminali in particolar modo, sono gli unici strumenti che possono mettere un freno all’avanzata inesorabile di questa malattia o, ancora meglio, portare ad una cura definitiva. Il progresso scientifico e l’evoluzione tecnologica hanno avuto una massiccia evoluzione negli ultimi decenni, come si è dimostrato dai risultati ottenuti in tempi record durante l’emergenza COVID-19.
L’auspicio è che la fase 2 segni una pietra miliare per questa patologia, permettendo di procedere verso una svolta rapida, poiché non è ammessa alcuna forma di attesa.
Concludo estendendo l’invito a tutti, soprattutto alle Istituzioni, a sostenere con forza Revert e, più in generale, la ricerca scientifica in Italia. Questo mondo è composto da menti brillanti che, nonostante le difficoltà economiche e burocratiche, si sforzano quotidianamente di trovare risposte ai tanti punti interrogativi che la natura ci pone.
Ogni piccolo gesto può fare la differenza. L’obiettivo è portare familiari e pazienti ad una certezza: ritornare alla normalità, rendendo reversibile ciò che ad oggi risulta ancora irreversibile!