Riportiamo la testimonianza di Marco, che ha ricevuto la diagnosi di SLA nel 2008, ed è stato il primo a partecipare al trial clinico di fase I con l’utilizzo di cellule staminali neuronali.
Ci può raccontare come ha scoperto la sua malattia?
Ci ho messo molto tempo a scoprire di cosa si trattava, anche perché non conoscevo questa malattia. I primi sintomi li ho avuti nel gennaio 2007, avevo delle fascicolazioni nella zona delle scapole e sentivo piacere massaggiando quel punto. Inoltre, non muovevo normalmente il pollice della mano sinistra: la mano sinistra, infatti, nel mio caso è stata la prima parte del corpo colpita dalla malattia. Da quel momento ho iniziato ad avere step di peggioramento ogni 15 giorni/un mese e mi accorgevo di non riuscire più a fare determinati movimenti come ero abituato a farli in precedenza. Nel mio caso il peggioramento non avveniva giorno per giorno, ma proprio per step e, quando avveniva, avevo fascicolazioni più forti del solito nel punto o nei punti in cui la malattia si stava espandendo. In quel momento le zone interessate erano le braccia e le mani e le fascicolazioni nella zona delle scapole erano legate soprattutto al movimento di alzare le braccia che, infatti, dopo 2 anni non alzavo più oltre i novanta gradi.
Lei era uno sportivo, questo l’ha aiutata nel comprendere i primi sintomi?
Il mio sport era il motocross, mi allenavo tanto per fare le gare amatoriali del campionato regionale lombardo, ma i miei tempi sul giro, anziché diminuire aumentavano ed i miei pesi in palestra diminuivano. I mesi passavano, i miei problemi motori aumentavano, ma io davo la colpa agli infortuni (da buon crossista ne ho avuti tanti e abbastanza seri, con altrettante operazioni chirurgiche) e al lavoro che mi impegnava 12/14 ore al giorno (facevo l’autista di camion) con orari strambi che mi obbligavano ad alzarmi molto presto e spesso a viaggiare di notte, lottando contro il sonno.
Nel 2007, durante le vacanze di Natale, mi sono recato in Sardegna con degli amici con cui condividevo la passione per il motocross. Avevamo deciso di allenarci lì, visto che il clima è più mite. Durante il trasferimento in nave sono inciampato e finito a terra. Anche se al momento ne ho riso con gli amici, quell’episodio mi aveva preoccupato. Iniziavo a perdere l’equilibrio, anche in moto e a non alzare la punta dei piedi camminando. Con l’anno nuovo la ricerca dei motivi dei miei problemi motori è diventata più intensa e mirata, con esami neurologici su consiglio del mio fisioterapista di quel tempo, quali elettromiografie e potenziali evocati. Dopo una visita neurologica mi è stato consigliato un ricovero con esami più approfonditi e, dopo la puntura lombare, è arrivata la diagnosi di SLA. Era il cinque dicembre 2008.
Come descriverebbe la sua convivenza con la SLA?
Se dovessi scegliere una sola parola per descrivere la mia convivenza con la SLA, direi “adeguare”. Sono molti i fattori che determinano la convivenza con questa brutta malattia, io mi considero “fortunato” perché ho trovato un equilibrio, anche se non è stato facile; ho un carattere combattivo e mai arrendevole, cerco di vedere sempre i lati positivi. Non so più quante delusioni ho avuto per colpa della SLA, tra le più significative il non riuscire più a fare sport e a guidare – amavo guidare tutto: auto, moto, camion. Ho smesso di andare in bici nel 2010 dopo essere caduto svariate volte a causa delle braccia che non tenevano più ed era diventato più un rischio che un piacere. Poi gradualmente ho dovuto smettere di uscire con gli amici, fare cene in compagnia, frequentare locali rumorosi per via della mia voce che continuava a diminuire. Nell’esperienza che vivo, la cosa più importante per riuscire a convivere con tutta questa situazione sono gli amici e le persone splendide che si prendono cura di me; senza non so se ce la farei! Perciò penso di essere fortunato, perché c’è chi nella mia situazione non ha tutto il supporto che ho io!
Lei ha partecipato al trial clinico di fase I: come descriverebbe questa esperienza?
È stata una bella esperienza, ho conosciuto belle persone. Tutto il reparto era disponibile e tutti avevano sempre un sorriso per me. L’ambiente e le persone che mi circondavano hanno reso tutto più semplice nonostante la situazione naturalmente fosse molto delicata. Ancora oggi, ogni tanto sento la caposala della terapia intensiva, in cui sono stato alcuni giorni dopo l’operazione. Di quell’estate 2012 e quei giorni in cui ero ricoverato ricordo il caldo assurdo che rendeva tutto più complicato, ma il personale medico mi ha aiutato molto ad affrontare meglio quella situazione. Ero con mio padre che è sempre stato presente e disponibile per tutte le mie richieste (altrimenti non avrei potuto essere il paziente zero). Allora mangiavo e bevevo ancora per bocca e la sera lo mandavo a prendere cose gustose da mangiare, così era tutto più piacevole! Un’amica speciale che mi ha sempre seguito fin dagli esordi e mi segue tutt’ora è venuta a trovarmi (più di mille chilometri in giornata per starmi vicino un paio d’ore), sono fortunato… oltre a decine di amici che mi hanno sostenuto con post sui social e messaggi privati. Dopo i dieci giorni a Terni sono stato un mese a Novara in riabilitazione, anche qui stessa modalità, con mio padre e qualche visita da parte della mia amica speciale (ero a un terzo della distanza, molto più accessibile!). Una volta finita la riabilitazione a Novara, sono tornato a casa e ho fatto alcune serate in compagnia degli amici che mi erano mancati molto! Sono stato bene durante quel mese e mezzo fuori casa, ero sostenuto e curato, ma casa è sempre casa.
Essendo stato il primo paziente in assoluto a partecipare al trial, ci può raccontare il suo stato d’animo nell’affrontare la sperimentazione?
Ero molto entusiasta di partecipare al trial. In quel periodo andavo spesso in vacanza in luoghi caldi, perché con la SLA soffro molto il freddo, con diciotto gradi tremo e batto i denti. Questo alle Canarie non succedeva e andavo ogni volta che ne avevo l’occasione. Durante le vacanze natalizie del 2011 ero con alcuni amici a Tenerife e ricordo di aver scoperto per caso questa sperimentazione con staminali navigando in rete e leggendo articoli sulla SLA. In quel momento ho pensato: ”provo a mandare una mail”. Non credevo mi avrebbero risposto, ma evidentemente doveva andare così perché sono stato contattato e tutto è andato come doveva andare. Ero idoneo alla sperimentazione, avevo tutti i requisiti e perciò avevo buone aspettative e buone speranze, nonostante i rischi e le paure per essere il primo al mondo a sottopormi a quel tipo di operazione, o meglio con quella tecnica.
Quali speranze ripone nella ricerca nel prossimo futuro?
Io penso che sarà difficile trovare una cura per questa malattia, o almeno a breve. Ci vorrà tempo e io non so se ce la farò, ma ripongo tutte le mie speranze nella ricerca. Credo nella scienza e se un giorno si potrà guarire dalla SLA sarà proprio grazie alla ricerca. Purtroppo in molti casi il decorso è molto rapido, in pochi anni si arriva alla fine. Non so se la sperimentazione ha dato benefici su di me, però ho ancora forza nelle gambe, mentre dalla vita in su non muovo più niente. Il 5 dicembre saranno 13 anni dalla diagnosi.