Nel 2007 ero ad una festa con amici, c’era una piscina e io ho avuto la grande idea di tuffarmi di testa. Sono entrato male in acqua, perché la piscina era poco profonda, e probabilmente per lo spavento ho messo male le braccia, la testa è andata indietro e ha fatto l’effetto compressione con il resto del corpo causandomi gravi lesioni spinali. Mi è esplosa la quinta vertebra cervicale.
Avevo 29 anni e quella lesione ha voluto dire tetraplegia.
Da lì in poi è stato un progressivo sprofondare.
Ero sposato, ma due anni dopo mi sono separato.
Poi ho perso il lavoro, perché ero un libero professionista e non ho potuto più seguire i clienti.
Le dimissioni sono state un momento difficile, pensavo lo fossero solo fisicamente, ma mentalmente il rientro a casa è stato durissimo.
Vedevo il mondo da una prospettiva diversa. E vedevo soprattutto quello che non potevo fare.
Ovviamente tutti ti dicono che puoi fare ancora tantissime cose, ma quello che vedi tu è solo quello che non puoi più fare.
Come un bambino che vuole sempre il giocattolo che non ha.
Ho attraversato diversi anni di depressione.
Mi sono tirato su pian piano.
Ci è voluto un sacco di tempo, e l’aiuto di molti. O meglio, è stato fondamentale l’incontro con diverse persone che in un modo o nell’altro, in modo consapevole e anche inconsapevole, hanno avuto un effetto positivo e quindi mi hanno fatto trovare nuovi stimoli per poter andare avanti.
Anche il lavoro è stato per me fondamentale. Avere un obiettivo, qualcosa che ti spinge e ti obbliga a fare, è molto importante. Vedo tanti ragazzi che fanno fatica, ma stando a casa diventa tutto sempre peggio, è un peggiorare continuo da ogni punto di vista.
Nella seconda parte della mia degenza, mentre ero ricoverato, ho visto persone in condizioni tali per cui mi sono sentito quasi un egoista a pensare di essere ridotto male.
Questa cosa mi è rimasta un po’ dentro finché ho deciso dove lavorare. Ho avuto più opportunità di lavoro, anche se per questioni di accessibilità o di ambiente non mi convincevano. Ho scelto di farlo in questo ambiente anche perché so cosa provano le persone, i ragazzi che vengono qua, quindi mi sento di poterli in qualche modo aiutare.
Ecco perché lavoro in una cooperativa che si occupa di rispondere alle esigenze di chi, come me, ha una disabilità causata da lesioni spinali. C’è tanta gente che ha bisogno di aiuto.
Sono convinto che la ricerca nel campo delle lesioni spinali sia cruciale per migliorare le prospettive di recupero e guarigione per coloro che affrontano simili sfide. Paradossalmente, e mi rendo conto che questo è un pensiero che può sembrare troppo forte, credo che le risorse investite nella ricerca siano quasi più importanti di quelle investite nel miglioramento della qualità della vita.
Ovviamente non sono due cose che devono essere contrapposte, per questo è importante raccogliere più fondi, da un lato per migliorare la qualità di vita oggi, ma nello stesso tempo per fare ricerca perché si possa provare a guarire presto.